L'esperienza di Alta Formazione al CNR ISPC

Maggio 2021

Fare ricerca insieme

La prima percezione è stata quella di un labirinto di corridoi bui, una sede “oscura” quanto ciò che vi si svolgeva all’interno.

L’esperienza che ho condotto all’interno dell’ISPC, da dottoranda e da architetto, è stata certamente rivelatrice.

La tesi di dottorato, svolta presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano nell’ambito del corso in Conservazione dei Beni architettonici e intitolata “Intonaci e decorazioni in malta a Napoli nel primo Settecento. Un percorso multidisciplinare di conoscenza per la conservazione” è stata seguita, in qualità di relatore, dal Prof. Andrea Pane dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, e di correlatore dal dott. Antonio Sansonetti, primo ricercatore del CNR ISPC della sede di Milano.

Coerentemente con la materia in oggetto, si era previsto di affrontare lo studio di malte storiche decorative e da rivestimento a Napoli nel Settecento con un approccio multidisciplinare. Nello specifico l’intento era quello di definire la composizione delle malte, ricostruirne le modalità tecniche esecutive e comprendere la connessione tra composizione ed effetti artistici desiderati. A tal fine si è quindi scelto di esaminare quattro architetture, selezionate in funzione di criteri prestabiliti e a vario modo emblematiche dell’arco cronologico individuato, attraverso indagini storico-archivistiche, ricognizioni geometriche e fotografiche e caratterizzazioni multi-analitiche di campioni; quest’ultime da condurre secondo un protocollo già sperimentato da ISPC e comprensivo di stereomicroscopia; microscopia ottica in luce riflessa; microscopia ottica polarizzata; microscopia elettronica a scansione e spettrometria in dispersione di energia (SEM-EDS); diffrattometria a raggi X (XRD), termogravimetria (TGA) e spettroscopia Raman.

La difficoltà maggiore, nell’affrontare lo studio, è stata quella di riuscire a porre in relazione fonti letterarie e dati analitici, sapere umanistico e scientifico, scala macro e microscopica partendo, per formazione personale, da una maggiore confidenza con le prime. Tuttavia guidata con pazienza, passione e dedizione dai ricercatori chimici, geologi e tecnici nell’utilizzo della strumentazione e nella interpretazione dei dati, ho capito che quanto più le rispettive competenze si compenetrano e condividono, tanto più si approfondiscono e si dirimono questioni, si riducono i livelli di incertezza. Troppo spesso le ricerche interdisciplinari diventano sommatorie di saperi piuttosto che incroci e invece, attraverso questa esperienza, ho capito cosa significhi realmente fare ricerca insieme, specie quando si affrontino temi multidisciplinari, e soprattutto che non esistono temi monodisciplinari, ma solo modi monodisciplinari di guardare al problema.

Grazie alle indagini condotte presso la Chiesa di San Giuseppe dei Ruffi a Napoli, uno dei quattro casi studio, è stato possibile comprendere che nel progetto delle superfici dell’architetto originario di inizio Settecento, le cui tracce sono state definitivamente cancellate da un recente restauro, c’era l’idea di suggerire una continuità tra gli elementi in marmo del registro inferiore e quelli in malta del registro superiore attraverso un trattamento superficiale.

L’ultima volta che sono uscita dall’istituto padroneggiavo perfettamente i corridoi che dovevo abitualmente percorrere.

Poi l’esperienza è finita, ma ci sono percorsi ancora da scoprire…

Damiana Treccozzi, dottoranda in Conservazione dei Beni architettonici, Politecnico di Milano

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