Dalla terra, la memoria completamente perduta di imponenti resti archeologici trova nuova luce grazie ad un team multidisciplinare di professionisti e ricercatori. Si tratta di un anfiteatro a tre ordini di gradinate (circa 82 x 64 metri) realizzato nella vallecola prossima alla celebre Porta Diana, non lontano dal teatro romano e lungo il percorso probabilmente di una antica via etrusca, successivamente ricalcato dal Cardo della colonia romana.

Il 15 novembre scorso si sono concluse le attività di scavo archeologico dell’anfiteatro di Volterra sotto la direzione scientifica di Elena Sorge, archeologa e funzionaria della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno (SABAP PI-LI), scoperto cinque anni fa, nel 2015, durante l’inizio di alcuni interventi di archeologia preventiva.

Un evento straordinario che non accadeva da circa mezzo secolo, in cui si scava un anfiteatro per intero con le moderne metodologie d’indagine stratigrafica. Una scoperta che ha sorpreso gli studiosi e apre il dibattito sull’effettiva importanza di Volterra in epoca romana.

Dalla terra, la memoria completamente perduta di questi imponenti resti trova nuova luce grazie ad un team multidisciplinare di professionisti e ricercatori. Si tratta di un anfiteatro a tre ordini di gradinate (circa 82 x 64 metri) realizzato nella vallecola prossima alla celebre Porta Diana, non lontano dal teatro romano e lungo il percorso probabilmente di una antica via etrusca, successivamente ricalcato dal Cardo della colonia romana.

Proprio perché lo scavo risulta un’attività per sua natura distruttiva, il rilievo archeologico, svolto per tutto il periodo dell’indagine archeologica, rappresenta il principale mezzo di documentazione del manufatto.

A dare il proprio contributo, per uno studio dettagliato dei ritrovamenti, il CNR ISPC di Firenze ha seguito e realizzato il progetto di rilievo digitale del monumento.

La campagna di rilievo è stata realizzata dal ricercatore CNR ISPC di Firenze Giorgio Franco Pocobelli, applicando le tecniche di restituzione fotogrammetrica e l’uso di software di modellazione 3D (Structure from Motion). Collimando punti topografici georeferenziati con stazione totale o GPS e applicando i principi della stereoscopia, è possibile ottenere un modello a nuvola di punti geometricamente corretto, mantenendo il cromatismo fotografico.

La collaborazione con il consorzio C4 Basso Valdarno e il CNR di Pisa – Servizio Fly & Sense, per l’utilizzo di piattaforme SAPR, e con Paolo Nannini della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo (SABAP SI-GR-AR) con il pallone frenato, ha permesso di realizzare modelli digitali con immagini ottenute da voli a bassa quota di 15-20 metri.

Lo scavo ha permesso di evidenziare varie fasi di frequentazione dopo l’abbandono dell’edificio, che allo stato attuale delle conoscenze – il materiale è ancora in corso di studio – sembra avvenuto nel corso del IV secolo d.C.: le tracce di focolai e i solchi di aratro individuati a quote differenti per il progressivo innalzamento dell’interro naturale ne sono la testimonianza.

La campagna di scavo si conclude con numerosi ed interessanti scoperte, tra le quali merita menzionare il ritrovamento delle gallerie voltate, in perfetto stato di conservazione, che permettevano agli spettatori di accedere ai differenti ordini di gradinate e che verranno indagate nella prossima campagna archeologica e l’ingresso settentrionale all’anfiteatro sotto al quale corre un ampio cunicolo di 4 piedi romani (1,20 m), la cui funzione verrà chiarita con la prosecuzione delle indagini.