Le sfide dell’archeologia preistorica in Africa nordorientale: il workshop internazionale di Bracciano

Si è svolto a Bracciano, il 29 e 30 settembre 2025, il workshop della Commissione Internazionale per la Tarda Preistoria dell’Africa Nordorientale (LPNEA) dal titolo Archaeology in Challenging Times: Fieldwork, Communities, and Conflicts in Northeastern Africa. Due giornate intense, che hanno visto la partecipazione di ricercatori e ricercatrici provenienti da numerosi Paesi africani ed europei, sia in presenza che online, per discutere di come l’archeologia possa operare in contesti segnati da conflitti, sfide sociali e difficoltà operative.

Si è svolto a Bracciano, il 29 e 30 settembre 2025, il workshop della Commissione Internazionale per la Tarda Preistoria dell’Africa Nordorientale (LPNEA) dal titolo Archaeology in Challenging Times: Fieldwork, Communities, and Conflicts in Northeastern Africa. L’incontro, patrocinato dal Comune di Bracciano, dal CNR-ISPC, da ISMEO – Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente, dalla Commissione UISPP Art and Civilisations in the Sahara during Prehistoric Times e dall’associazione locale Forum Clodii, è stato organizzato da Giulio Lucarini (CNR ISPC), insieme ad Alessia Brucato (CNR ISPC) e Alice Leplongeon (CNRS).

I lavori si sono aperti con i saluti istituzionali del Sindaco di Bracciano Marco Crocicchi, della Direttrice del CNR ISPC Costanza Miliani, del Presidente di ISMEO Adriano Rossi e del Responsabile del Centro Archeologico Italiano del Cairo Giuseppe Cecere, che hanno sottolineato l’importanza del dialogo internazionale e della cooperazione nella tutela del patrimonio culturale.

Due giornate intense, che hanno visto la partecipazione di ricercatori e ricercatrici provenienti da numerosi Paesi africani ed europei, sia in presenza che online, per discutere di come l’archeologia possa operare in contesti segnati da conflitti, sfide sociali e difficoltà operative.

Prima sessione: Coinvolgimento delle comunità locali e capacity building nell’archeologia dell’Africa nordorientale

La prima sessione, dal titolo Coinvolgimento delle comunità locali e capacity building nell’archeologia dell’Africa nordorientale, ha posto al centro il ruolo delle comunità locali e l’importanza della formazione. Jan Kuper e Karin Kindermann hanno raccontato dieci anni di ricerche nel Deserto Occidentale egiziano, tra risultati scientifici, interazioni con le popolazioni locali e complesse questioni amministrative. A seguire, Aboualhassan Bakry, Adel Kelany, Alice Leplongeon e Giulio Lucarini hanno presentato un programma di formazione, attualmente in fase di sviluppo, rivolto a ispettori delle antichità e studenti egiziani, finalizzato a introdurli agli approcci di ricerca propri dell’archeologia preistorica. La sessione è poi proseguita con l’intervento di Barbara Barich, Giuseppina Mutri, Khalil Abdelhadi e Ahmed Sayed Asker, che hanno presentato un nuovo programma di ricerca dedicato al patrimonio culturale del Jebel Gharbi/Nefusa, in Libia nord-occidentale. Infine, Margherita Mussi e colleghi hanno mostrato come il sito etiopico di Melka Kunture, recentemente inserito nella UNESCO WHL possa diventare un modello di valorizzazione e coinvolgimento delle comunità locali. Dal dibattito è emerso chiaramente come le azioni di capacity building e formazione degli operatori locali siano fondamentali per garantire la tutela e la valorizzazione sostenibile del patrimonio archeologico.

Seconda sessione: Sfide e difficoltà della ricerca preistorica in Africa nordorientale

La seconda sessione, Sfide e difficoltà della ricerca preistorica in Africa nordorientale, ha messo in luce le condizioni spesso complesse in cui si svolge la ricerca sul campo. Jacek Kabacinski ha presentato gli effetti delle variazioni del livello del Lago Nasser sulle indagini archeologiche nel Deserto Occidentale egiziano, soffermandosi anche sulle strategie adottate dal governo per contrastarle, mentre Paweł Polkowski ha descritto le gravi minacce che incombono sui siti di arte rupestre preistorici egiziani. La sessione è poi proseguita con una riflessione sul Sudan, grazie all’intervento di Lenka Varadzinová, che ha analizzato i problemi metodologici legati alle datazioni al radiocarbonio delle occupazioni dell’Olocene antico. Infine, Alessia Brucato, Adelaide Marsilio e Maria Sofia Patrevita hanno portato la prospettiva di tre giovani ricercatrici, evidenziando sfide e potenzialità dell’archeologia nordafricana. Gli interventi hanno sottolineato come la ricerca preistorica in Africa nordorientale sia spesso condizionata da difficoltà politiche, amministrative e logistiche, che richiedono soluzioni creative e una forte collaborazione internazionale.

Terza sessione: La ricerca archeologica in Sudan tra guerra e resilienza

La terza sessione, dal titolo La ricerca archeologica in Sudan tra guerra e resilienza, ha offerto un quadro toccante della situazione attuale in Sudan, dove la guerra civile in corso sta avendo effetti devastanti su comunità e patrimonio culturale. Mohamed Bashir ha presentato alcune riflessioni sul percorso dell’archeologia sudanese prima e dopo il conflitto esploso nell’aprile 2023. Elena Garcea, Wafa Sharif Dawod Hussein, Abdelrahman Ali Mohammed e Sami Elamin hanno discusso del ruolo delle comunità locali nella conservazione della memoria collettiva in tempi di conflitto. Particolarmente toccante è stato l’intervento di Ikram Madani Ahmed, che ha raccontato le difficoltà della ricerca e dell’insegnamento in un Paese sconvolto dalla guerra, condividendo la sua esperienza diretta come ricercatrice costretta a lasciare il proprio Paese. Infine, Ikhlas Abdel Lateif Ahmed, insieme a Geoff Emberling e Maria Carmela Gatto, ha presentato le attività del Sudan Cultural Emergency and Recovery Fund (SCERF), un’iniziativa internazionale di sostegno al patrimonio culturale sudanese.

“Il workshop di Bracciano ha messo in evidenza l’importanza cruciale di lavorare insieme alle comunità locali nella protezione del patrimonio culturale, aiutandole a connettersi con la propria storia e identità. Per me, giovane ricercatrice sudanese, vedere come l’archeologia possa confrontarsi con le realtà del conflitto, con le questioni etniche e con le difficoltà politiche o amministrative proprie di certi Paesi, sottolineando al tempo stesso la necessità di salvaguardare siti e beni come parte del nostro patrimonio comune, è stato fonte di ispirazione e motivazione.”

Wafa Sharif Dawod Hussein, dottoranda di ricerca all’Università di Parigi di Scienze e Lettere.

Un impegno collettivo oltre l’accademia

Il workshop di Bracciano si è distinto non solo per la ricchezza dei contenuti scientifici, ma soprattutto per l’intensità del dialogo umano e istituzionale. È emerso con chiarezza che la ricerca archeologica, oltre all’impegno scientifico e metodologico, rappresenta un atto di responsabilità verso le comunità locali. Formazione, cooperazione e resilienza sono state le parole chiave che hanno unito le tre sessioni: dalla necessità di condividere conoscenze e competenze in un flusso reciproco tra ricercatori e personale locale, alle difficoltà materiali della ricerca in contesti complessi, fino alla drammatica urgenza di preservare il patrimonio culturale, soprattutto quando a rischio.

Il workshop ha ribadito che la tutela del patrimonio culturale è inseparabile dalla difesa della dignità e dei diritti delle persone. Salvaguardare siti, monumenti e memorie significa rafforzare identità, ricostruire legami sociali e opporsi alla violenza e all’oblio.

“Anche nei momenti più difficili, l’archeologia non è mai azione marginale e irrilevante, ma necessaria: ci ricorda che le vite, passate e presenti, contano, e che ricostruire il passato e proteggere il patrimonio significa soprattutto custodire la memoria e l’identità delle comunità, rafforzando i legami che le uniscono”.

Giulio Lucarini (CNR ISPC) nel suo discorso inaugurale.

Al termine dei lavori, il messaggio è stato unanime: fare ricerca archeologica oggi in Africa nordorientale significa affrontare sfide enormi, ma anche costruire ponti di solidarietà e cooperazione. Per due giorni, Bracciano, forte della sua lunga tradizione civica nella tutela del patrimonio e del costante impegno delle associazioni locali, come la Forum Clodii, recentemente divenuta capofila della costituzione della comunità di eredità Civitas Lacus, secondo i principi della Convenzione di Faro, si è trasformata in un laboratorio di idee e strategie, capace di unire studiosi, studenti e comunità locali in un progetto condiviso di resistenza culturale e di speranza.